In questa riflessione parlo dei sogni perduti di una gioventù in crisi, una gioventù che per non smettere di sognare e un po’ anche per disperazione, ha fatto la valigia e se ne è andata via di casa, fuori dall’Italia.
Ce lo siamo chiesti un milione di volte. Cosa vogliamo ancora? Perché non mi sento mai pienamente soddisfatto? Perché se ho un lavoro, un appartamento, un fidanzato, una famiglia non sono felice? Cosa mi manca? Cosa desidero?
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La crisi generazionale
La chiamano “crisi generazionale”, ma più che di una crisi si potrebbe parlare di un vero e proprio dramma che vive la mia generazione (che comprende ventenni e trentenni). Il dramma di chi ha trascorso anni sui libri per poi ritrovarsi alla cassa in un supermercato, o di chi non ha potuto studiare perché costretto a lavorare per aiutare i genitori in cassa integrazione, o il dramma di chi ha sacrificato un sogno imprenditoriale per una carriera più sicura come dipendente, il dramma di chi non trova lavoro e vive a casa dei genitori a trent’anni compiuti perché non può permettersi di vivere da solo, il dramma di chi non sa più stupirsi per le cose belle nella vita, di chi non usa più la creatività, ma come un automa aspetta il weekend, le prossime ferie o le vacanze di Natale per illudersi che solo allora si sentirà un po’ meglio.
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Sono sensazioni sottopelle, vibrazioni nell’animo, una tristezza sottile che ci avvolge continuamente e spesso tende a soffocarci. Stanchi e stressati, pieni di problemi, di preoccupazioni, di impegni fissati in agenda, dimentichiamo giorno dopo giorno di vedere il bicchiere mezzo pieno di salute, persone che ci vogliono bene, affetti, tempo libero a disposizione, un piatto caldo la sera dopo il lavoro.
E allora cosa vogliamo di più?
La crisi economica non ha rotto soltanto gli equilibri del mercato, facendo sì che ad una contrazione dell’offerta corrispondesse una dilatazione esponenziale della domanda, ma ha letteralmente sconvolto la nostra generazione, ci ha confuso, ci ha reso disillusi, ci ha rubato le speranze, ci ha reso più critici e severi, forse anche un po’ cinici.
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Invece di instillare in noi una qualsiasi reazione, spesso la crisi è diventata una giustificazione per arrendersi in partenza. Non cerco lavoro perché tanto non si trova nulla. Non cambio lavoro perché c’é crisi e qui ho un lavoro sicuro. Vorrei aprire un’attività ma finirei col pagare solo tasse. Chi non ha sentito una di queste frasi negli ultimi anni?
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Vittime della paura
Come in un limbo viviamo fluttuanti giorno dopo giorno vittime di paure e insicurezze, legati ad un posto di lavoro che ci dà da vivere, ma non ci gratifica, legati ad una casa dove non abbiamo privacy ma che è gratis (quella dei genitori), ad una vita che sentiamo non appartenerci davvero ma che è diventata poco per volta la nostra “comfort zone”.
E poi ci sono quelli che decidono di partire. Quelli come me e come te, magari, che stai leggendo queste righe mentre ti trovi in Australia. Quelli che stufi della routine, hanno preso la decisione di partire e poi l’hanno fatto. Molti si dimenticano di quanto coraggio ci vuole a prendere e partire, a ricominciare da zero, ad abbandonare il guscio per l’ignoto. A chi sta pensando di partire dico: “Non farti illusioni o crearti alte aspettative, ma sii preparato ad affrontare un’esperienza intensa, a tratti molto dura, ma che può regalare emozioni incredibili”.
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Un messaggio di incoraggiamento
Questo post vuole essere un incoraggiamento per tutti coloro che hanno pensato di partire e non l’hanno ancora fatto e forse non lo faranno mai perché capiranno che non era la scelta giusta: al tempo stesso vuole essere un plauso a tutti coloro che quel passo l’hanno fatto e si sono buttati nel buio, scoprendo lati della propria personalità sconosciuti e recuperando la grinta e l’entusiasmo perduti a casa.
Di fronte alla situazione di stallo di chi vive immobile e in gabbia dentro una routine, partire per l’estero è una forma di ribellione, è la dimostrazione di voler fuggire, di voler spiccare il volo verso qualcosa di diverso, non necessariamente migliore, anche se ce lo auguriamo.
A tutti quelli che si sentono vittime di questa sensazione morbosa, che non sono felici e soddisfatti, che si sentono confusi, che hanno perso energia ed entusiasmo, che piangono senza motivo, che si sentono frustrati o poco realizzati, che hanno avuto un’idea ma l’hanno soffocata, che non sanno più chi sono o cosa vogliono, che non sanno dove stanno andando, per tutti non c’è un’unica soluzione.
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Riflessioni conclusive sui sogni
Provare ad ascoltarsi un po’ di più è senz’altro utile, così come potrebbe esserlo un viaggio da soli, anche di pochi giorni. Il mio non vuole essere un post risolutivo, ma un invito a riflettere su una realtà che ci assorbe e che non restituisce l’immagine di una generazione brillante, determinata, flessibile e preparata come credo sia la nostra, una generazione che dopo aver toccato il fondo, non può far altro che risalire.
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Non importa che tu sia all’estero o in Italia, l’importante è svegliarti la mattina fiero di te stesso, orgoglioso per l’impegno profuso nel realizzare i tuoi desideri, riconoscente per i doni che hai ricevuto nella vita, e determinato a dimostrare quanto vali.
La crisi ci ha portato via i sogni, corri a riprenderteli.