Fame nel mondo – la soluzione
La corsa all’aumento della produzione ha causato un degrado ambientale catastrofico – abbiamo bisogno di rendere l’agricoltura in grado di resistere ai cambiamenti climatici e di conseguenza più efficiente. Il punto di vista della Banca mondiale riguardo la crescita del 50% in più di cibo entro il 2050 per poter sfamare 9 miliardi di persone, mentre allo stesso modo si cercano dei modi per ridurre le emissioni di carbonio d’origine agricola, ignora un fatto molto semplice, quello che abbiamo già coltivato abbastanza cibo per 10 milioni di persone.
Ma una combinazione di perdite dopo il raccolto, consumo eccessivo e spreco vuole che circa 800 milioni di persone nei paesi in via di sviluppo siano malnutriti. Le perdite colpiscono principalmente il sud del mondo. Nel 2011, la Banca Mondiale ha affermato “il mondo sembra aver dimenticato l’importanza delle perdite di cibo post-raccolto nel settore africano del grano”.
La Green Revolution
Mentre, il consumo eccessivo e lo spreco colpiscono principalmente il nord del mondo. La sfida di alimentare il mondo non può semplicemente essere raggiunta attraverso l’aumento della produzione. Questa è precisamente la cosiddetta Green Revolution (rivoluzione verde) che ha creato i nostri problemi attuali.
La risposta si trova nell’aumento della resilienza climatica dell’agricoltura in modo che si inverta il catastrofico degrado ambientale degli ultimi 50 anni, pur rendendo la produzione più efficiente.
La rivoluzione verde che ha avuto luogo negli anni ‘60, aumentando la produzione di cereali nei paesi in via di sviluppo, ha il merito di aver salvato miliardi di vite. Ma oggi il bilancio ambientale di questo boom è più che evidente. Le statistiche ne raccontano la storia – il 38% del terreno coltivabile del pianeta è degradato, l’ 11% della superficie irrigabile è contaminata da sali, il 90% delle biodiversità di 20 principali colture di base è andato perso, fertilizzanti azotati producono i 6% dei gas serra e il loro reflusso crea 400 “dead zone” marine (aree in cui la concentrazione d’ossigeno è così bassa che la fauna soffoca), e più di 350.000 persone muoiono ogni anno di intossicazioni pesticide.
Una ricerca sui confini planetari stima che è necessario abbassare del 75% l’utilizzo di fertilizzante azotato per evitare un impatto ambientale di questo tipo su larga scala. L’attenzione alla produttività oltre l’efficienza ha voluto che la quantità di energia necessaria per coltivare la stessa quantità di cibo sia aumentata tra un quarto e un terzo negli ultimi 25 anni. Anche senza il cambiamento climatico, l’agricoltura chimica convenzionale sta guidando l’umanità verso un precipizio di sicurezza alimentare.
In un documento informativo della Christian Aid si sostiene che se intendiamo invertire questa situazione per far fronte al cambiamento climatico, l’agricoltura ha bisogno di un cambiamento radicale nel modo in cui ci si rivolge alla resilienza climatica. Al centro di questo programma, ci sarebbero i piccoli agricoltori e i pastori, che gestiscono il 60% del suolo agricolo e producono il 50% del cibo globale. Cercando di risolvere i loro problemi, sarebbero guidati dalle loro priorità, nelle loro aziende agricole.
Il tipo di sostegno agli agricoltori spesso include consigli sulla gestione del suolo e sulle sperimentazioni, sulle previsioni climatiche affidabili e sullo sviluppo dei loro processi di semina e d’allevamento bestiame. I consigli che di solito ricevono riguarda pesticidi e fertilizzanti chimici troppo costosi, mentre la loro abilità a scambiare e vendere semi di coltivazioni adattate localmente è minacciata da una legislazione d’ispirazione corporativa che promuove varietà di colture sviluppate in laboratori biotech distanti.
Un problema senza soluzione?
Anche i consigli dati vanno spesso alla persona sbagliata: piccoli agricoltrici donne gestiscono più del 90% della produzione di alimenti di base ma solo il 15% dei consulenti sono donne, e solo il 5% dei consigli raggiunge le donne.
Per gli agricoltori per investire nella resilienza, hanno bisogno di un possedimento fondiario sicuro, specialmente quando partecipano a sistemi di regime fondiario comunale. Le transazioni finanziarie delle terre, con acquirenti in gran parte stranieri, sono aumentate di 55 milioni di ettari. Questo non solo impoverisce gli agricoltori ma indebolisce anche la fiducia che altri possano investire in provvedimenti per il controllo dell’erosione del terreno, in alberi e in altri adattamenti che ripaghino nel corso di diversi anni.
Attività che degradano il suolo, le foreste e altre risorse di protezione di bacini acquiferi inevitabilmente portano a una maggiore vulnerabilità a valle. Con i danni causati dalle alluvioni, un aumento dei cicloni e un’intensa siccità, tutto ciò colpisce la produzione di alimenti.
La buona notizia è che mettendo gli agricoltori nelle condizioni di sviluppare un’agricoltura resiliente sotto il profilo climatico, è possibile immaginare l’eliminazione della fame estrema in 15 anni.
La salvaguardia del mondo dipende da noi
La conservazione delle risorse e l’utilizzo di approcci ambientali favorevoli, come l’agricoltura conservativa, l’agroforestazione e la lotta integrata, hanno dimostrato di rendere di più e di fornire una migliore resilienza ad eventi estremi climatici rispetto a quelli convenzionali, l’agricoltura chimica. Tali pratiche riducono anche le emissioni di gas serra. Inoltre, aumentando l’accesso ai mercati si può trasformare l’agricoltura in un motore che guidi economie rurali diversificate, sostenibili.
La chiamata della Banca Centrale alla “climate smart agricolture” include l’attenzione all’utilizzo sostenibile dell’acqua, contrastare l’ineguaglianza di genere e incrementare la ricerca.
Si deve riconoscere che è necessario un vero approccio tridimensionale per invertire il degrado ambientale e il cambiamento climatico che la tecnologia del Ventesimo secolo ha causato.
Tale approccio includerebbe piani per rafforzare il riesame delle Salvaguardie ambientali e sociali della Banca Mondiale (World Bank Environmental and Social Safeguards) ad assicurare prestiti attivi, invece di indebolire, la resilienza climatica per piccoli agricoltori e pastori, nei paesi in via di sviluppo.