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L’Australia e il rischio della bolla immobiliare cinese

Nei mesi scorsi vi parlavo dell’importanza del turismo cinese in Australia, oggi invece vi parlo della preoccupazione di banchieri e agenzie di rating per gli australiani, che dovrebbero preoccuparsi più per il rapido crollo dei prezzi degli immobili in Cina che non dei rischi per le speculazioni degli investitori a Sydney e Melbourne.

Paul Gruenwald, economista capo di Standard & Poor’s per l’Asia del Pacifico, ha detto che l’Australia è proprio al centro della questione del recente aumento dei prezzi nel mercato immobiliare e in quanto tale può essere comparata con altri paesi asiatici. Tuttavia, continua Gruenwald, a conti fatti sono molti di più gli interrogativi riguardanti la Cina che non quelli sull’Australia dove, ammette l’economista, c’è un margine di possibilità per l’aggiustamento dei prezzi anche se pare che il mercato locale finora non abbia valutato opportunamente il rischio.

Paul Gruenwald

La fortuna, se così possiamo chiamarla, è che l’Australia non ha importato lo stile dei prestiti nordamericano, fatto di rate con interessi bassissimi ma ciò non toglie che, qualora vi fosse una forte caduta dei prezzi in Cina, l’Australia sarebbe la seconda, dopo Hong Kong, ad avvertirne l’impatto se questa evenienza provocasse un declino nell’economia cinese. “Il rischio” dice Gruenwald “è l’intersezione con un boom di credito non proveniente dalle banche e destinato all’acquisto di immobili. La temperatura nel mercato intanto scende e i prezzi stanno crollando in circa una settantina di città disseminate per tutta la Cina”.

I rischi e le contromisure per l’economia australiana

L’economista di Standard & Poor’s ritiene che la Cina potrebbe cavarsela alla bell’e meglio grazie a degli interventi diretti da parte del governo ma, se così non fosse, l’Australia sarebbe tra le prime nazioni ad accusarne il contraccolpo. L’economia più esposta infatti, come già accennato, è quella di Hong Kong ma quella australiana viene immediatamente dopo; l’Australia infatti è stata una meta prediletta nella storia degli investimenti cinesi. Dopo che le autorità finanziarie, al termine dell’inchiesta che stanno conducendo, avranno stilato il loro rapporto definitivo sulla situazione economica, le banche si aspettano che l’Australian Prudential Regulation Authority riveli se ha intenzione di introdurre misure mirate, a breve termine e cautelative così da fare acquistare anche le proprietà meno attraenti per gli investitori.

All’incirca la metà dei prestiti per l’acquisto di immobili erogati negli ultimi dodici mesi sono andati a investitori privati e a Sydney la percentuale è del 60%. La preoccupazione è destata dal fatto che gli affitti non sono cresciuti di pari passo con il valore delle proprietà e se i tassi di interesse dovessero innalzarsi, la stretta di ritorno sugli investitori potrebbe condurre a un’improvvisa svendita degli immobili. Le banche però sostengono che i rischi in questo momento sono inferiori rispetto a quelli corsi durante precedenti cicli di aumento dei prezzi delle case. Ken Hanton della National Australia Bank concorda pienamente con Gruenwald sul fatto che “la Cina è uno dei potenziali shock nonché uno dei rischi concreti che l’Australia potrebbe trovarsi a dover fronteggiare”.

Siamo di fronte a una bolla dei prezzi?

Hanton spiega che nel decennio passato l’Australia ha attraversato diversi cicli di rapide impennate nei prezzi delle case, alcuni ben più significativi dei recenti rincari a Sydney e Melbourne. In tutti i casi però non c’è stato nessun crollo successivo. E continua sottolineando che” negli ultimi dieci anni la nazione ha conosciuto degli aumenti di prezzo delle case e delle cadute. Nel 2007 e nel 2009 ad esempio la crescita si è arrestata appena sotto il 15 per cento ma il crollo successivo ha visto l’aumento dei tassi attestarsi a meno del 5 per cento.

Questa volta la crescita dei prezzi delle case sta andando più a rilento e sembra si sia fermata all’11 per cento”. Per farla breve se l’Australia stesse sperimentando una bolla immobiliare adesso, ce ne sarebbero dovute essere molte altre nel decennio appena trascorso. Altri banchieri e analisti economici sostengono che la definizione di una bolla nei prezzi richiede tre condizioni: grande crescita del credito, riduzione degli standard per la richiesta di prestiti e aspettativa di un continuo aumento dei prezzi delle proprietà. Telly Dewan, analista presso la Commonwealth Bank, ha però obbiettato che è difficile sapere se la gente crede che i prezzi continueranno a salire.

In proporzione agli aumenti dei prezzi però, i prestiti elevati si sono drasticamente ridotti di numero, dato che suggerisce come gli standard richiesti per i prestiti non stiano diminuendo. La crescita dei prestiti è stata relativamente bassa perché molti dei richiedenti hanno scelto di non abbassare i loro rimborsi anche se i tassi di interessi si sono ridotti. Felicity Emmett, economista dell’ANZ Bank ha affermato che la crescita dei prestiti si aggira adesso attorno all’8 per cento annuo mentre nel 2003 era del 20 per cento mentre nello stesso anno i prestiti a favore degli investitori conoscevano una crescita del 30 per cento.

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